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Non ti scordar di me: viaggio all'interno dell'Alzheimer

Di Enrico Buongiovanni 
"Se un giorno mi vedrai vecchio: se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi... abbi pazienza, ricorda il tempo che ho trascorso ad insegnartelo.
Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose, non mi interrompere... ascoltami, quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti addormentavi.
Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare... ricordati quando dovevo correrti dietro inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno.
Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico ho avuto tutta la pazienza per insegnarti a mangiare.
Quando a un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso... dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non ti innervosire: la cosa più importante non è quello che dico ma il mio bisogno di essere con te e averti lì che mi ascolti.
Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo, non trattarmi come fossi un peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l'ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi.
Quando dico che vorrei essere morto... non arrabbiarti, un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età non si vive, si sopravvive.
Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te che ho tentato di spianarti la strada. Dammi un po' del tuo tempo, dammi un po' della tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l'ho fatto per te.
Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza in cambio io ti darò un sorriso e l'immenso amore che ho sempre avuto per te. Ti amo figlio mio."
L'aforisma per questo articolo è molto particolare, ed appartiene ad un anziano padre scritta per il figlio, in previsione della malattia che sta per abbattersi su di lui.
Dedicando la mia vita al sociale, questo articolo ha una profonda importanza per me, constatando poi che molte famiglie, mogli, figli oppure mariti si trovano improvvisamente a farsi carico della persona malata, trovando non poche difficoltà.
1-Cos'è l’Alzheimer?
L’Alzheimer, è la forma più comune di demenza degenerativa progressivamente invalidante con esordio prevalentemente in età presenile (oltre i 65 anni). Nel DSM-5 viene nominata come disturbo neurocognitivo maggiore o lieve dovuto a malattia di Alzheimer (331.0). Si stima che circa il 50-70% dei casi di demenza sia dovuta a tale condizione, mentre il 10-20% a demenza vascolare.
Il sintomo precoce più frequente è la difficoltà nel ricordare eventi recenti. Con l'avanzare dell'età possiamo avere sintomi come: afasia, disorientamento, cambiamenti repentini di umore, depressione, incapacità di prendersi cura di sé, problemi nel comportamento. Ciò porta il soggetto inevitabilmente a isolarsi nei confronti della società e della famiglia. A poco a poco, le capacità mentali basilari vengono perse. Anche se la velocità di progressione può variare, l'aspettativa media di vita dopo la diagnosi è dai tre ai nove anni.
Fatta questa dovuta premessa, più lunga del dovuto, continuiamo col dire che tale malattia mette a dura prova tutta la famiglia , poiché colui che si trova a farsi carico di ciò, spesso è costretto a fronteggiare il cosiddetto “primo lutto", ovvero il famigliare capisce che la persona che ha amato e con la quale ha condiviso la parte più importante della propria vita, inizia a non esistere più, dissolvendosi sotto l'influenza della malattia, ed è quindi , in questo momento, ricordarsi di non essere soli.
2-Farsi carico; sii sempre paziente
Come detto prima la parte più importante e al contempo difficile, viene interpretata dal caregiver, ovvero da colui che si occupa del famigliare.
Ciò che conta, per quanto complesso, è il mantenere sempre la calma e la pazienza, e in che modo ciò è possibile?
Tenendo sempre vivi i ricordi di tutte le volte in cui le parti erano invertite, tutte quelle volte in cui era l'altro a prendersi cura di te, nelle quali era l'altro a portare pazienza, tutte quelle volte in cui eri tu a dipendere da lui.
In poche parole, l'unico “trucco" se così si puoi chiamare e tenersi stretti a tutti quei ricordi e a tutte quelle emozioni positive che ci sono state regalate, ed anche tenendo sempre presente che la persona che amiamo, benché irriconoscibile col progredire della malattia, essa è ancora lì, e nonostante tutto, può ancora sentire l'amore che proviamo nei suoi confronti.
3-Conclusione 
In molti non ci pensano nemmeno, anzi la vedono come una malattia così lontana che a loro non arriverà mai.
Eppure, dobbiamo sempre tenere a mente quanto sia importante prendersi cura degli altri, poiché ciò che viene fatto ci verrà reso, non siamo le nostre parole, ma le nostre azioni, e nella religione cristiana esiste un comandamento universale: 
“Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.”
Proprio per questo se vogliamo ricevere bene, dobbiamo darlo in egual misura, teniamo sempre a mente ciò che non vogliamo ci facciano gli altri, per dimenticarci subito dopo quello che facciamo noi.
Tutto è in perfetto equilibrio, gli induisti lo chiamano Karma, i cristiani la regola d'oro, il messaggio è sempre il medesimo, l'universo pareggia sempre i conti, fai del bene e chi hai accanto e non dimenticare mai quello che hai ricevuto.

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