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Covid 19: l'insegnamento è un dono

di Enrico Buongiovanni

 

"Nessun bambino è perduto, se ha un insegnante che crede in lui."

 

Bernhard Bueb 

 

L'aforisma per questo articolo appartiene a Bernhard Bueb, (nato il 24 ottobre 1938 a Moshi , Tanganica ) è un educatore tedesco , autore ed ex capo della scuola del castello di Salem.

Vive a Überlingen sul Lago di Costanza.

Con le sue parole, ci mostra quanto importante sia il mestiere dell'insegnante, poiché tale mestiere serve non tanto a classificare sulla base di qualche freddo sistema di voto, la preparazione scolastica dei bambini di oggi, ma a far sì che le nuove generazioni credano in loro stessi e nelle loro capacità, donando loro le basi dell'autostima e della fiducia in loro stessi, trasformandoli negli adulti di domani.

In questo articolo saranno presenti due storie di vita di due insegnanti, le quali nonostante i vissuti differenti, entrambi condividono la passione per il mestiere, vedendo nella loro professione non solo un mero compenso a fine mese, quanto una vera e propria missione incentrato sull'aiuto e la crescita delle nuove generazioni.

 

1-Sabrina: la fiducia nel mondo che verrà

"I bambini sanno che c'è un virus, ma lo vedono come una cosa lontana, anche perché noi per quanto possibile cerchiamo di sdrammatizzare, di rendere tutto più semplice."

Sabrina chiarisce subito, lavorando in una scuola dell'infanzia, quanto importante sia rendere consapevoli i bambini, ma nemmeno spaventarli facendo sì che essi perdano la loro naturale spensieratezza dovuta alla giovane età.

"Siamo riusciti in questo intento, in un periodo dove tutto viene generalizzato, le notizie arrivano in un flusso continuo e sempre improntate allo spavento oppure all'allarme, diventa ancora più bello sapere che all'interno delle mura scolastiche riusciamo a farli sentire realmente a loro agio."

Si definisce molto fortunata anche per il gruppo docenti, un gruppo forte, coeso, deciso a seguire una strada comune.

La cosa che le ha messo tristezza è stato il percepire quanto i bambini soffrissero e percepissero come violenza la pratica del tampone.

I suoi discorsi sono chiari lineari, concisi e cosa più importante, non sono mai incentrati sulla preoccupazione per la propria condizione, ma sempre e solo verso i bambini, verso coloro che vengono prima di tutto, ovvero creature fragili che meritano tutto il nostro appoggio, il nostro aiuto ed il nostro sostegno.

Parlando con lei ho realmente capito che insegnare significa prima di tutto infondere sicurezza nel prossimo, questo è un prezioso insegnamento.

 

2-Raffaella: l'aiuto verso l'altro

"Il covid ha stravolto la vita scolastica", racconta Raffaella, "perché se un giorno avevi la certezza di svegliarti e sapere di essere in classe con i tuoi studenti, oggi è un’imprevisto continuo, un giorno ci sei, quello dopo no, a causa di un mal di gola tutti vivono nel timore finché non fa il tampone..." 

Continua raccontando alcune delle sue perplessità:

"Purtroppo i ragazzi non sono gestibili in dad perché sono assenti, con una didattica asettica, priva di sguardi, di sentimento, non riesci a trasmettere alcun tipo di passione..."

Dopodiché entra nello specifico raccontando la sua condizione come insegnante di sostegno.

"A maggior ragione per me, sul sostegno, con ragazzi dalle enormi difficoltà che già a cose normali non riescono a far propri certi concetti, magari ipovedenti o con difficoltà motorie che non riescono neanche a scrivere sia a mano che a computer. In presenza è diventata una sfida perché quando si vedono dopo del tempo sono agitati, aumentano i casi di droghe anche tra i più giovani per “sfuggire” alla situazione del momento, altri che sottovalutano il problema andando dietro a tormentoni del tipo “non ce n’è coviddi”, altri spaventati che si isolano..."

Un attimo di pausa e poi ricomincia:

"Amo il mio lavoro, e con la tipologia che ho di studenti sono fortunata a fare lezione in presenza, cosicché una crisi di panico possa venire calmata con il contatto fisico, il quale per loro è fondamentale."

Dalle sue parole si evincono varie cose, la preoccupazione per i propri studenti, l'instabilità che la scuola sta vivendo in questo periodo, ma soprattutto la purezza d'animo di una donna, di una persona che mette gli altri al primo posto, le sue parole mostrano che c'è ancora del buono in questo mondo.

Se nel mondo ci fossero più persone con questa passione e questa moralità ormai dimenticata, allora sì...probabilmente il mondo sarebbe realmente un posto migliore.

 

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Commenti: 2
  • #1

    Martina N. (lunedì, 01 marzo 2021 13:08)

    Hai un modo di raccontare le cose molto particolare, credi sempre nel bene...un pochino scalda il cuore sapere che c'è ancora chi la pensa così

  • #2

    Donatella (sabato, 06 marzo 2021 08:31)

    Il tuo modo di raccontare scalda il cuore