
Di Enrico Buongiovanni
"Le persone vedevano solo le decisioni che prendevo, non le scelte che avevo fatto."
Una frase che colpisce come un sasso lanciato nello stagno della coscienza, capace di smuovere ricordi e ferite che credevamo sopite.
Accade a molti.
Forse a tutti, prima o poi.
Si giudica il gesto, mai la strada.
Si commenta il traguardo, ignorando le salite scoscese e le ginocchia sbucciate. È così che funziona il mondo: si guarda l’albero ormai piegato, ma nessuno si chiede da quanto tempo combatte contro il vento.
Le decisioni visibili come lasciare un lavoro, interrompere una relazione, cambiare rotta, ecco che diventano etichette, semplificazioni, specchi appannati attraverso cui gli altri cercano di definirci.
Ma dietro ogni scelta visibile, c’è un mondo invisibile fatto di notti insonni, dialoghi interiori, battaglie silenziose.
Proprio come a te, anche a me accadde. Un giorno presi una decisione che dall’esterno sembrò fredda, egoista persino.
Ma chi mi osservava non aveva visto il logorìo che mi aveva portato fin lì. Non aveva vissuto la somma di piccole rinunce che avevo fatto ogni giorno, per mesi, forse per anni.
La scelta visibile era solo l’ultima goccia.
Il resto era stato mare.
Così accade a tanti.
A chi lascia una città e si sente dire che “sta scappando”, mentre in realtà sta cercando di respirare. A chi decide di dire “basta” dopo aver perdonato mille volte.
A chi sembra cambiare all’improvviso, ma dentro stava morendo da tempo.
Ciò che gli occhi non vedono è ciò che pesa di più.
Come la parte sommersa di un iceberg, come le radici di un albero che nessuno nota, ma senza le quali non reggerebbe in piedi.
Ogni essere umano è un universo interiore complesso, pieno di contraddizioni, dolori nascosti e ragioni taciute.
Pretendere di capire qualcuno solo osservando la sua decisione finale, è come giudicare un libro leggendo solo l’ultima pagina.
E allora, forse, l’unico vero atto di umanità è sospendere il giudizio.
Smettere di chiederci “perché ha fatto così?” e iniziare a chiederci “cosa ha vissuto per arrivare fin lì?”
Perché quando guardiamo le persone con questa profondità, ci accorgiamo che le decisioni che sembrano semplici nascondono una complessità immensa. E, se siamo sinceri, ci riconosciamo in quella complessità.
Non siamo solo ciò che decidiamo.
Siamo anche tutto ciò che abbiamo sopportato in silenzio per arrivare a quella scelta.