
Di Enrico Buongiovanni
Il racconto: Il falco e il ramo
C’era una volta un potente re che ricevette in dono due piccoli falchi, ancora giovani, ma appartenenti a una razza famosa per la sua eleganza e potenza in volo.
Li affidò subito al miglior maestro d’addestramento del regno, affinché li crescesse e insegnasse loro a volare liberi nel cielo.
Dopo mesi, il maestro tornò a corte con una notizia strana.
«Maestà, uno dei falchi vola magnificamente. Sfiora le nuvole, danza nel vento e plana con una grazia che fa venire i brividi. Ma l’altro…»
«L’altro?», chiese il re, incuriosito.
«L’altro non si muove. È sano, mangia, ma resta immobile su un ramo. Non vola. Non ha mai lasciato il ramo su cui lo abbiamo posato il primo giorno.»
Il re chiamò guaritori, sciamani, persino un mago della montagna. Ma nessuno riuscì a far volare il secondo falco.
Finché un giorno, un umile contadino si presentò alla reggia e disse: «Posso provare io?».
Il re, ormai rassegnato, acconsentì.
Il mattino dopo, il re si affacciò alle sue terrazze e vide due falchi volare liberi nel cielo, librarsi sopra la nebbia, sfidarsi nel vento.
Sorpreso e felice, fece chiamare subito il contadino.
«Dimmi, come hai fatto? Nessuno c’era riuscito!»
Il contadino abbassò lo sguardo e rispose:
«Sire… ho solo tagliato il ramo su cui il falco era appollaiato.»
Il ramo che ci trattiene è dentro di noi
Questo semplice racconto buddhista è un tesoro di saggezza.
Il falco rappresenta la parte più libera, potente e vitale di ognuno di noi.
È la nostra vocazione, il nostro coraggio, il nostro desiderio di vivere davvero.
Ma spesso, come lui, restiamo attaccati a un ramo. Un punto fermo. Un’illusione di sicurezza.
Quel ramo può essere:
una relazione tossica che non lasciamo andare,
un lavoro che odiamo ma ci dà uno stipendio sicuro,
una voce interiore che ci dice che non siamo abbastanza bravi.
È comodo restare lì.
Si mangia. Si respira. Si sopravvive. Ma non si vive.
Tagliare quel ramo non significa distruggere tutto. Significa privarsi dell’illusione di avere bisogno di qualcosa per essere al sicuro, e finalmente accorgersi di avere le ali.
Spesso siamo come aquile cresciute in gabbie di galline: ci hanno insegnato che il cielo è troppo alto, che potremmo cadere, che non vale la pena rischiare. Ma la paura del volo non ci protegge: ci imprigiona.
Immagina un’aquila che sogna il cielo ogni notte… ma ogni mattina apre gli occhi su un ramo che conosce troppo bene.
Le metafore del coraggio
Il ramo è la zona di comfort.
Bello, ma ti spegne l’anima.
Il contadino è la vita.
A volte, le difficoltà ci “tagliano il ramo” e ci obbligano a spiccare il volo. Una crisi, una perdita, una delusione possono diventare le ali che ci mancavano.
Il cielo è la nostra vera natura. Ampia, sconfinata, a volte inquietante… ma lì possiamo finalmente essere chi siamo.
Conclusione: non aspettare che la vita ti tagli il ramo
Hai un sogno che rimandi? Un cambiamento che temi?
Un desiderio che bussa, ma che ignori ogni giorno?
Forse sei su un ramo. E forse stai aspettando qualcuno che lo tagli per te.
Ma oggi potresti farlo tu.
Non sarà facile. Ma un passo nel vuoto è l’unico modo per scoprire che non era vuoto: erano ali.
Prenditi un momento oggi per rispondere a questa domanda:
Qual è il ramo a cui sto ancora aggrappato… e cosa accadrebbe se trovassi il coraggio di lasciarlo andare?